lunedì 28 gennaio 2019

pillole - Cosa i genitori NON dovrebbero fare riguardo lo sport dei figli - 9 regole utili




pillole - Cosa i genitori NON dovrebbero fare riguardo lo sport dei figli - 9 regole utili (in pillole)

 
1. NON SCEGLIERE - Un bimbo con buone doti di socializzazione è già capace di rapportarsi con un educatore che gli propone di cominciare a muovere il suo corpo seguendo regole e giochi adatti al suo grado di comprensione.  Ecco allora che NON SCEGLIERE lo sport già dai primi anni può diventare un errore. Bisogna avere il coraggio di SCEGLIERE anche perché ad un bimbo di due anni non si può chiedere che sport vorrà fare, né avrebbe senso farlo. Un bimbo di quell’età vuole solo giocare, quindi sarà la famiglia a scegliere per lui un'attività ludica che contenga, al suo interno, tutti gli insegnamenti necessari al suo sviluppo motorio.
2. FAR SCEGLIERE SOLO A LUI –  E allora chi sceglie? Tanto più il bimbo è piccolo, tanto più dovrà essere predominante la scelta dei genitori. Aspettare che SCELGA LUI potrebbe essere un errore. Le sue richieste sarebbero quasi certamente dettate da fattori di relazione (amichetti che fanno un certo sport) oppure scelte “consumistiche” e cioè stimolate da accattivanti pubblicità o notorietà sui media.
3. SCEGLIERE PER LUI – Cosa rischiamo noi genitori quando prendiamo il toro per le corna e scegliamo per i nostri figli? Il rischio dell’immedesimazione, della proiezione su di loro dei nostri desideri, dei nostri sogni. Accecati dai nostri sogni, dalle nostre aspettative, dalle nostre pregresse frustrazioni, rischiamo di forzare una scelta e di fare un errore i cui esiti potrebbero essere decisivi sul futuro piacere di nostro figlio di fare sport.
4. NON SPIEGARE LA SCELTAA volte è sufficiente dare un nome alle cose. E’ molto utile spiegare ai bimbi che si è scelta quell’attività perché servirà loro a imparare a correre, a crescere,  a giocare, a fare amicizia, a rispettare le regole. E’ sorprendente scoprire quanto sia rassicurante per bimbi piccoli poter dare un nome alle cose. Magari loro non hanno capito proprio bene tutte le nostre spiegazioni, ma quella cosa lì ha un nome, e se papà e mamma gli hanno dato un nome, vuol dire che è una cosa importante. E il loro sviluppo motorio, lo sport, è una cosa importante.
5. NON OSSERVARE IL BAMBINO –  Se c’è una cosa che un figlio non può sopportare, è di non essere visto. Non è detto che tutto funzioni: potrebbe esserci ansia prima degli allenamenti, continue richieste di rinunciare agli impegni, lamentele sulla scarsa socializzazione o ricorrenti screzi con i compagni, delusione o difficoltà nel rapporto con l’allenatore, distrazione eccessiva o addirittura estraniamento durante il gioco, svogliatezza nel linguaggio corporeo, pochi risultati di crescita nell’abilità del gioco. Ecco, solo quando si è fatto anche questo controllo, solo allora si può dire di aver messo nostro figlio al posto giusto.  
6. NON DELEGARE GLI ALLENATORI – l’idea giusta, il progetto giusto, l’ambiente giusto hanno bisogno delle persone giuste. Delegare, fidarsi, lasciar fare a chi è del mestiere, non invadere il campo nel quale spesso non si è competenti, ma che soprattutto ha bisogno della assenza dei genitori. Se si progetta un piano di sviluppo nel quale il bambino cresca in termini sia fisici che in termini di autonomia e socializzazione, bisogna che i genitori abbiano il coraggio di permettere che questo avvenga in un ambiente nel quale sia il bimbo a gestire tutte le dinamiche delle nuove relazioni. Il genitore competente, una volta fatta la sua scelta, si fa da parte.
7. NON SOVRAPPORSI ALL'ALLENATORE – Il genitore competente quindi non fa l'educatore della Società, non dà giudizi sulla bontà delle regole del Club. Il genitore competente non fa nemmeno l’allenatore, quindi non mette becco nei sistemi di allenamento, nella programmazione didattica, nel programma agonistico, nelle scelte tecniche, nelle scelte disciplinari.
8. CONFONDERE I CONFINI SPORT/FAMIGLIA – Se proprio vogliamo essere pignoli, il genitore competente dovrebbe non confondere i confini dell’esperienza sportiva, dalle vicende famigliari. Se in squadra l’Allenatore ha redarguito il bimbo o gli ha inflitto una punizione, non è necessario che la famiglia rincari la dose punendo a sua volta il bimbo … per non essersi comportato bene ad allenamento.
9. CHIEDERE RISULTATI AL FIGLIO  – Ed infine il consiglio più prezioso. Non chiedete risultati ai figli. “Fammi un goal”, “Fammi una meta”, “Vinci per me”, sono frasi che l’istinto ci fa uscire dalla bocca quotidianamente ma che dobbiamo correggere. “Divertiti”, “Impegnati più che puoi”, “Dai tutto quello che hai”, “Non vedo l’ora di vederti giocare”, “Fammi vedere quello che hai imparato”, “Sono contento di vederti con i tuoi compagni e la tua maglia”, sono frasi che fanno sentire il nostro entusiasmo e che hanno il meraviglioso pregio di far capire che la nostra felicità e la nostra soddisfazione è legata al fatto di potere essere li con loro e guardarli giocare, senza alcun interesse per i risultati che conseguiranno.  

Federico Ghiglione - Pedagogista
Resp. progetto PROFESSIONE PAPA'
Resp. U6, U8, U10 CUS Genova Rugby
Resp. RUGBYTOTS Genova
www.professionepapa.it

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